La vicenda Marine Le Pen
In questo post cercherò di raccontare la vicenda della condanna di Marine Le Pen ai miei amici e followers italiani, dal punto di vista di un italiano che vive in Francia da 10 anni.
Il processo riguardava i fondi europei che il partito di Le Pen ha ricevuto negli anni, fondi destinati a pagare degli assistenti parlamentari. L'accusa ha sostenuto, a ragione, che il denaro sia stato usato per contratti di collaborazione di varia natura, ma non per pagare degli assistenti parlamentari europei.
In questo articolo dell'anno scorso, viene descritto il processo, le carte in mano all'accusa e la strategia della difesa di Marine Le Pen. Purtroppo (per Marine) la strategia non ha pagato, anzi si può parlare di vero e proprio “naufragio” della difesa.
Fin dall'inizio Marine Le Pen ha sostenuto che non vedeva niente di male a utilizzare questi fondi per finanziare il partito: “non c'è un arricchimento personale” ha ripetuto fino alla fine. Peccato che l'arricchimento personale non c'entri niente con le accuse. La linea della difesa consisteva dunque a sostenere che le persone assunte con regolare contratto lavorassero per il partito e quindi si potessero pagare con i fondi europei.
Peccato che sia espressamente vietato utilizzare questi fondi per pagare qualcuno che non sia un assistente parlamentare europeo. Per esempio, con quei fondi Le Pen ha pagato vari contratti alla guardia del corpo di Jean-Marie Le Pen e questa persona non ha mai messo piede a Bruxelles. Eppure sul contratto è scritto nero su bianco che l'assistente deve obbligatoriamente risiedere nella capitale belga, probabilmente per prevenire gli abusi. Ebbene, la segretaria di Marine Le Pen, Catherine Griset, è stata pagata come assistente parlamentare dal 2010 al 2016, eppure il suo badge d'accesso al parlamento conta in tutto 12 ore di presenza. La difesa ha sostenuto, con una certa faccia tosta, che la Griset entrasse senza passare il badge; per farsi tosto sbugiardare dal direttore delle finanze del parlamento che ha ritenuto impossibile entrare e uscire dal parlamento (un luogo in cui sono spesso presenti personalità importanti, ministri e capi di stato) senza passare il badge.
Marine Le Pen ha sostenuto che tutta questa gente lavorasse in “pool” e che quindi fosse inutile che si trovassero tutti a Bruxelles. Ha inoltre sostenuto che, essendo il partito minoritario al parlamento europeo, lei stessa considerasse inutile passare troppo tempo a Bruxelles, e abbia invece preferito dedicarsi allo sviluppo del partito. E che quindi i fondi per gli assistenti parlamentari europei erano stati spesi correttamente perché pagavano gente che lavorava per il partito a Montretout, dove c'è la residenza della famiglia Le Pen (su questa residenza ci sarebbe un'altra storia poco edificante su Jean-Marie, che magari racconterò un'altra volta).
Tutto regolare dunque? Gli inquirenti hanno anche trovato degli scambi di email tra i vari personaggi della vicenda, e in particolare in uno di questi scambi il contabile avvertiva che “tutto ciò potrebbe essere poco legale”, e l'altro rispondeva “Marine ne è al corrente”. Dunque, il partito sapeva bene di stare commettendo delle illegalità, e Marine Le Pen in prima persona sapeva e dava il suo accordo a tutte le manipolazioni e forzature.
Ineleggibile
Marine Le Pen è stata condannata a 5 anni e all'ineleggibilità alle cariche pubbliche con effetto immediato. Quindi, se ci fossero elezioni di qualunque tipo nei prossimi mesi, non potrà presentarsi.
Questo è il punto che fa più male a Marine perché potrebbe farle mancare il prossimo appuntamento elettorale per l'elezione del presidente della repubblica. Ed è su questo che i media suoi amici e i politici a lei vicini stanno montando il caso. L'ineleggibilità è infatti una pena prevista e piuttosto classica per questo genere di reati, ma in questo specifico caso è stato eccezionalmente chiesta l'applicazione immediata.
In effetti, normalmente le pene sono comminate alla fine del percorso giudiziario, e poiché Marine Le Pen ha fatto ricorso in appello, il percorso giudiziario è ben lungi dall'essere terminato. Sembra che la strategia della difesa consistesse non tanto nel cercare di difendersi dalle accuse, quanto nel prendere tempo e prolungare il processo ben oltre la fatidica data dell'elezione presidenziale. Ma non si aspettavano che il procuratore chiedesse l'applicazione immediata, né che i giudici gliela concedessero.
L'applicazione immediata si dà in casi eccezionali di pericolo all'ordine pubblico o di reiterazione del reato. I giudici hanno stimato che l'atteggiamento della difesa nel negare l'importanza e la gravità del reato (“non c'è stato arricchimento personale!”, “non è importante partecipare assiduamente ai lavori del parlamento europeo!”, “possiamo usare questi soldi per il partito!”) indichi una volontà manifesta di reiterare il reato.
I politici e i commentatori di destra cercano di dare una mano alla loro “collega”. Gerald Darmanin, ex ministro dell'interno dei vari governi Macron, e attuale ministro della giustizia, ha raccomandato un'accelerazione del processo di appello, per dare a Marine la possibilità che l'applicazione immediata dell'ineleggibilità venga appunto cancellata in appello; Eric Ciotti, ex “Les Republicans” (il partito di Sarkozy) e ora a capo di un partitino vicino all'RN, ha protestato vivamente contro i giudici che voglio mettere il bavaglio alla democrazia; sui canali di destra in mano a Vincent Bolloré (Canal +, CNews, etc.) è tutto un susseguirsi di attacchi ai giudici politicizzati. E badate bene, nessuno di questi commenta le accuse e la condanna nel merito: l'inconsistenza della difesa ha di fatto reso impossibile contestare il merito del processo; ci si limita ad accusare i giudici di aver voluto arbitrariamente anticipare la pena per eliminare un politico sgradito.
E dopo Marine ?
Tutto questo bailamme rischia di avvantaggiare Bruno Retailleau, un politico che probabilmente non conoscete, attuale ministro dell'interno: appartiene al partito “Les Republicans”, ma ha posizioni più estreme di Marine. Per esempio, ultimamente ha proposto di vietare l'uso del velo nelle competizioni sportive. Non esita ad assumere posizione francamente razziste, ha fatto litigare la Francia con l'Algeria, e altre simpatiche cose del genere. E' molto in voga in questo momento e non nasconde ambizioni maggiori come ad esempio la corsa per presidente della repubblica alla fine dell'era Macron.
Niente di buono insomma.
[Nota di costume: a differenza dell'Italia, qui di solito non si grida contro i “giudici comunisti”, perché storicamente in Francia i giudici sono piuttosto di estrazione destrorsa (destra repubblicana, ma pur sempre destra) e nessuno si sognerebbe di accusare un giudice di essere di sinistra. Salvo che adesso anche qui sembra opportuno dire che i giudici sono “rossi” ... ]
Giuseppe Lipari